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Il Salotto dell'800

Tra cultura, politica, ruffianerie e circolazioni di idee

02/08/2015, 12:08 | Età moderna e contemporanea

Il salotto nel 1800 era il luogo privilegiato dello scambio e del confronto culturale, luogo della conversazione colta e dell'incontro mondano, divenne il passaggio obbligatorio e fondamentale nell'itinerario dell'educazione alla socialità degli intellettuali o dei presunti tali.
Il salotto appare come un modello di ritrovo, per certi versi assimilabile alla corte di antico regime, ne imita infatti le finalità disciplinate dall’etichetta e del galateo, ne imita inoltre il carattere educativo delle regole, il valore dato alle apparenze, la funzione d’identificazione sociale per gli aderenti.
L’iniziazione mondana che avviene nel salotto è una prova individuale, che porta il singolo a una crescita psicologica e educativa. La mondanità stessa diventa esperienza ludica e insieme cognitiva.
Pertanto il salotto ottocentesco aveva tre funzioni principali: informativa, formativa e legittimante.
Informativa, perchè nei salotti vi ci si recava per sapere, per conoscere ciò che accade, si può dire che il salotto funzionasse come un grande giornale di agevole e rapida consultazione. Nelle conversazioni, date le particolari qualità dei frequentatori, non si ha una distinzione netta fra chi parla e chi ascolta, chi domanda e chi risponde; tutti coloro che partecipano contribuiscono alla formazione del patrimonio culturale collettivo, portando ognuno il proprio contributo di notizie e autonome teorie e spiegazioni. Il salotto però era un luogo circoscritto e colto, fortemente separato dal tessuto sociale, costituisce in qualche modo il luogo ideale per la diffusione dei progetti politici della classe dirigente dell’epoca.
Formativa, in quanto i rituali salottieri sono capaci di costruire e plasmare la coscienza e il comportamento collettivo. La funzione formativa si manifesta in tutta la sua forza in quella forma altissima del vivere civile che è la capacità di conversare. Il salotto educa alla vita e al confronto, salotto che De Amicis descrive come “ scuola di scienza e di esperienza”.
Il salotto, omologando linguaggi e comportamenti, crea le basi delle comunicazioni e rende possibile il riconoscimento tra simili a coloro che risiedono e risiederanno nelle aule del parlamento.
Legittimante, perché accedere ai salotti era esigenza e ambizione degli intellettuali, entrarvi permetteva di conoscere l’elite della società. Il salotto offre prestigio e rispettabilità, chi vi entra acquisisce innanzitutto titolo, quando non vi trova anche concrete possibilità di pubblicazione o impiego. Quando non assume le forme esplicite di una vera e propria raccomandazione, il salotto accredita e garantisce committenza. Lo spazio del salotto dunque diventa sempre esplicitamente un luogo frequentato per fini “utilitaristici”, ormai separato da quell’insieme di miti e simboli, che ruotavano attorno al rito della conversazione dotta.
Traendo conclusioni si può dire che una volta che il nobile, il politico, l’affarista o intellettuale ha passato l’iniziazione ed è entrato nel salotto non gli resta altro che strumentalizzare l’occasione mondana per entrare in pianta stabile nel mondo èlitario che conta e migliorare la propria posizione sociale e anche soprattutto economica.

Il salotto è dunque un luogo dove si fa e si diffonde cultura, dove circolano informazioni, indiscrezioni e pettegolezzi, dove si generano amicizie e conflitti, si stringono accordi e alleanze, si crea un proprio network. Per certi versi il salotto era un social network d’élite, un facebook ottocentesco a numero chiuso dove un commento o un certo tipo di intervento in una discussione aperta potevano aprire numerose prospettive e chiuderne altre. Un social network reale, fuori dalla logica dello scripta maneant, e dentro quella del repetita iuvant, dove darsi un immagine reale o fittizia e crearsi una reputazione senza bisogno di mille like nella foto profilo o di un post di tendenza.
 

Zaccarias Gigli / Ignazio Pisanu

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