Martedì, 29 Aprile 2025 (S. Caterina da Siena)

Sei in: News » Età moderna e contemporanea » Il populismo in Italia e in Europa: una difficile definizione

  • mail

Il populismo in Italia e in Europa: una difficile definizione

29/06/2015, 21:00 | Età moderna e contemporanea

Poche sere fa un po’ per caso e un po’ per rincontrare il professore che mi colpì per il suo acume e per la capacità di analizzare la situazione politica sono andato ad ascoltare Marco Tarchi, uno dei più eminenti politologi italiani e professore all’università di Firenze. Tarchi presentava il suo libro appena uscito nelle librerie sul tema del populismo.
Ma che fenomeno è il populismo?
Nonostante l’uso frequente spesso anche a sproposito da commentatori e giornalisti, il termine di populismo ha difficoltà ad acquisire una definizione univoca tra gli studiosi. Alcuni propongono di considerare populismo un'ideologia, altri lo riducono a un mero stile politico. Inoltre, non è facile trovare una strada tra i diversi significati della parola "popolo", utilizzata dagli stessi populisti: 'demos' o 'ethnos'? La gente comune, i miseri, i membri di una stessa comunità nazionale?
La definizione oggi più accreditata e accettata dalla maggior parte degli studiosi è quella del politologo Chiapponi che definisce così il populismo:

L'esplorazione delle forme, storiche e contemporanee, del populismo ha permesso di cogliere, al di sotto e al di là delle differenze, certi tratti comuni che appaiono ricorrenti, e che pertanto si candidano a caratterizzare il concetto, conferendogli plausibilità teorica e spessore empirico. Gli elementi in questione sono tre: l'appello al popolo, l'atteggiamento dominante anti-élites e il rifiuto delle mediazioni istituzionali.

Fino a qualche decennio fa gli studiosi di Scienza politica, gli storici e i filosofi della politica affermavano che il populismo era un esperienza da relegare solo all’ America latina con i governi per fare un esempio di Peron in Argentina e Chavez in Venezuela. Mentre adesso con le ultime vittorie elettorali in Ungheria con Jobbik, in Olanda con il Partito della Libertà, di Farage in Inghilterra con l’Ukip o in Italia con la Lega Nord e in parte il Movimento 5 stelle nella figura di Beppe Grillo.
Dunque qual è secondo Tarchi la chiave di lettura per definire il populismo?
Prima una piccola precisazione necessaria Tarchi è molto attento a distinguere tra estrema destra e populismo per cui formazioni come Alba Dorata e altre componenti neofasciste o neonaziste non le annovera come populiste. Ora siamo pronti a venire al punto per Tarchi il populismo è una mentalità, intesa in senso politologico seguendo così le categorizzazioni fatte da Linz, che dunque può avere diverse tonalità e differente tasso di impregnazione nel popolo e nei populisti.
Il tasso di impregnazione è il vero grande problema della definizione, perché bisogna trovare la soglia, le sue forme e le vie matematiche ed empiriche per definirlo. Tarchi afferma che le vie empiriche e numeriche non sono la sua attività preferita e che quindi spera che qualcuno arrivi a fare una cernita di tali numeri e dati per costruire indici utili alla causa, da idealista quale è ne segue solo lo sviluppo fenomenico, per lui infatti i fenomeni si riconoscono o esistono quando è possibile toccarli con mano senza necessità di un riscontro matematico.
Su quali fattori sta facendo leva il populismo in questo momento, partendo dall’assunto che questi partiti o movimenti hanno terreno fertile nei momenti di crisi:  
Difendere uno stile di vita e tradizioni che essi vedono minacciato, in generale da alcuni fenomeni connessi da un lato dalla fase di estrema globalizzazione, dall’altro dall’immigrazione e dalle società multietniche e culturali. Ma difendono anche una condizione di vita e tutte le sue connessioni. 
Si sta inoltre riscontrando una proletarizzazione del voto in ambito sociale perché difendono a modo loro le classi più colpite dalla crisi economica.
I leader carismatici sono una componente importante in questi partiti o movimenti, ma dice Tarchi ora non è più una condizione essenziale, come dimostra la vittoria in Danimarca del Dansk Folkeparti, dove la leder storica è stata messa da parte in favore del più giovane Dahl.
Altro problema che riguarda i populismi è l’istituzionalizzazione, molti movimenti e partiti non sono mai andati al governo o quelli che ci sono andati non sono mai stati una forza trainante, anche se su questo campo ci sono state qualche eccezione ad esempio l’Ungheria e la Romania.
Dunque i leader populisti quasi mai si sono trovati di fronte a esperienze di governo e non si sa se i loro progetti e programmi possano essere applicabili.  
In Italia il populismo ha diverse modi e gradazioni di intervento, le forme dice Tarchi saranno sempre diverse, anche il neopremier Matteo Renzi si è reso conto che questa mentalità prende e che politicamente serve, che copre degli spazi e attira una fetta ampia di elettorato, forse anche maggiore di quella da cui ora è sostenuto, basti pensare a cosa si può celare nelle menti degli astensionisti. Renzi quindi non è populista, ma utilizza per il suo fine politico lo stile populista.
Dunque il populismo è anche uno stile politico, stile che deriva dalla mentalità appunto, dunque ora che è stereotipato e ha i suoi modelli può essere combattuto come fa Renzi per sconfiggere il populismo stesso. Il populismo in Italia ora è cavalcato da Matteo Salvini, il leder della Lega Nord, che ormai sta lasciando i concetti cari alla vecchia parte della Lega legata a Bossi di popolo del Nord e Roma ladrona, per passare alla difesa degli italiani secondo lui da parte degli immigrati. della creazione di una società multiculturale e multietnica. Interessante fatto che fa notare Tarchi è quello dei diversi metodi di porsi degli esponenti del Carroccio, da una parte Salvini attacca al grido di Ruspa tutto e tutti, mentre dall’altra vi sono personalità leghiste istituzionalizzate come Maroni e Zaia che usano toni e temi più pacati.
Nel suo libro Tarchi inoltre definisce Grillo come il maggiore dei leader populisti perché rientra tutte le categorie esposte da Chiapponi e ha nel suo modo di porsi come leader carismatico del movimento il bisogno costante di un filo diretto con il popolo, mentre il M5S non è prettamente populista, il programma e lo statuto possono si far parte di un programma populista, ma possono anche non farlo.     
Tarchi inoltre dice che anche Berlusconi con Forza Italia ha usato lo stile populista, facendo un uso sistematico dei sondaggi, basti pensare negli anni ’90 i sondaggi nei supermercati Standa e nelle ultime vittorie del centro-destra ha usato in maniera spietata i mass media.  
Vi è ancora una domanda irrisolta a cui non si può dare ancora a mio giudizio risposta, cioè quella che riguarda il problema relativo ai rapporti tra il populismo e la democrazia: è il populismo una corruzione patologica della democrazia, la sua ombra inseparabile o un’alternativa ad essa?


  
 

Zaccarias Gigli

Apri un portale

Newsletter



Lavora con noi

Contatti

redazione@cronacastorica.net

facebook